Il Polo Nord si scioglie a velocità mai viste: gli studi di Proteus, robot del Cnr di Genova – FOTO E VIDEO

I ghiacci si sciolgono a velocità mai viste e per gli studi servono robot come Proteus: Angelo Odetti ci racconta il progetto del Cnr di Genova

25 January 2018 | di Redazione Daily Nautica
Proteus ed il drone tra i ghiacci in scioglimento del Polo Nord
Proteus ed il drone tra i ghiacci in scioglimento del Polo Nord

Il cambiamento climatico è veloce ed evidente, soprattutto al Polo Nord, dove si sta registrando un aumento di temperatura mai visto. I ghiacciai del Polo Nord, a causa di questo innalzamento della temperatura, sono inavvicinabili dall’uomo poichè troppo instabili e soggetti a crolli frequenti. E per questo i dati più importanti sono proprio in queste zone, troppo pericolose per l’uomo… ma non per i robot. Ecco quindi entrare in gioco Proteus, robot modulare costruito interamente dal Cnr di Genova che si è occupato del campionamento sotto due ghiacciai.

L’ingegnere navale Angelo Odetti ci ha parlato di questo studio che ha portato lui ed il team, composto da Gabriele Bruzzone, responsabile robotica, Arturo Argentieri, Giorgio Bruzzone, Pierpaolo SoriaEdoardo Spirandelli, per due settimane al Polo Nord.

LN – Com’è nato questo progetto?

AO –  Questo progetto nasce da un’idea congiunta di tutti noi. Con il team è stata organizzata una spedizione per documentare il trend e mostrare i risultati alla comunità scientifica. E’ evidente che il cambiamento climatico in atto, soprattutto al Polo Nord, sia velocissimo: un aumento di temperatura che non si era mai visto e al quale nessun modello riesce a dare una spiegazione. E proprio sui ghiacciai del Polo possiamo vedere in modo tangibile gli effetti del surriscaldamento. In questo scenario è chiara anche la responsabilità della componente umana. Il picco che stiamo osservando è il più alto mai registrato ed è evidente la responsabilità dell’uomo, che sta generando un circolo vizioso.

LN – Perché sono così importanti i dati di questa zona?

AO – Studiare lo scioglimento dei ghiacciai come il Blomstrandbreen, sulla costa occidentale delle isole Svalbard, è cruciale: vengono dispersi in acqua sostanze e batteri, rimasti nel ghiaccio per migliaia di anni. Questo fa cambiare in maniera importante la qualità dell’acqua, la fauna locale ed intorbidisce il  mare, che diventando più scura attira di più il calore aumentando l’evaporazione: questo rilascio di grandi quantità di acqua dolce aumenta l’evaporazione producendo cambiamenti climatici e ambientali.  La difficoltà di condurre studi in questa zona dipende dal fatto che il fronte dei ghiacciai marini è un muro di ghiaccio tra i 30 e i 70 metri sopra il mare, che si sta sciogliendo molto velocemente e questo causa crolli improvvisi di grandi blocchi. Per la pericolosità della zona è vietato avvicinarsi a meno di 500 metri, anche nelle zone laterali.

LN – Ma il divieto non vale per i robot…

AO – No, esatto. Abbiamo costruito interamente al CNR, Proteus, un robot modulare controllabile da remoto e in grado di passare da mezzo di superficie ad unità subacquea. Proteus ha trainato il campionatore fino a ridosso del fronte del ghiacciaio e qui abbiamo raccolto i parametri chimico/fisici e non solo. Ci siamo serviti anche di un drone molto grande, 130 centimetri di diametro, per studiare anche la colonna d’aria sopra Proteus e avere dati quanto più completi possibile.  Il materiale raccolto è ancora in analisi, ma abbiamo già fatto alcune pubblicazioni che sono a disposizione della comunità scientifica e che serviranno da base per organizzare la ricerca di soluzioni al problema.

LN – Ci sono altri progetti in cantiere?

AO – Facciamo altri studi simili, anche dall’altra parte del mondo, in Antartide, che però è più difficile da raggiungere: ci si può andare solo con una missione scientifica. Abbiamo già portato giù diversi robot che hanno raccolto materiale. A volte ci sono delle sorprese, come quando dei colleghi hanno bucato il pack con un palo per metterci un robot dotato di telecamere che documentasse la attività dei pesci sotto il ghiaccio per sei mesi. Lo hanno ritrovato a 10 km di distanza da dove lo avevano lasciato!

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