Recuperato peschereccio affondato un mese fa nella darsena di Genova: le foto della delicata operazione

L'imbarcazione, affondata nella notte del 6 maggio durante il lockdown, è stata recuperata e riportata a galla da due grosse gru della ditta Vernazza

11 June 2020 | di Gaetano Tappino

Quella del pescatore è una vita di enormi sacrifici, supportati solo da una grande passione per il mare, ma quando la tua barca affonda, perdi tutto quello per cui hai sempre combattuto. È successo a Luigi Dairolo, per tutti Gigi, armatore del peschereccio “Maria Rosa” affondato nella notte del 6 maggio nel porto di Genova.

Costruita nel 1946 nei cantieri di Civitanova Marche da abili maestri d’ascia e realizzata con legno di rovere stagionato, l’imbarcazione,  varata con il nome di “Uragano”, aveva due alberi per sfruttare la forza del vento in navigazione. Arrivata al suo attuale proprietario Gigi e a suo fratello Mario nel settembre del 1984, da anni veniva ormeggiata nella banchina dei pescatori della darsena comunale, proprio di fronte al Galata Museo del Mare. Complice il lockdown per l’emergenza Coronavirus, nessuno si è accorto che il vecchio peschereccio stava accumulando acqua in sentina, fino ad affondare.

La barca, lunga 16 metri e con un robusto motore da 280 cv, era l’unica della zona attrezzata per la pesca dei gamberi e, per praticare questo particolare tipo di pesca, si spostava a parecchie miglia dalla costa. I preziosi crostacei, una volta portati in banchina, venivano subito richiesti da ristoratori, rivenditori ma anche da tanti semplici cittadini e ormai era diventata una tradizione l’assembramento nel tardo pomeriggio degli avventori per poter acquistare il pregiato pescato del Maria Rosa.

Gigi, da anni rimasto l’unico armatore, è rimasto profondamente segnato dalla perdita della sua amata barca, dove ha trascorso più tempo che a casa. Da quella sera passeggiava tutti i giorni sulla banchina della darsena guardando la sua imbarcazione con la prua (e parte della tuga) fuori dall’acqua, rivolta verso l’alto, come se stesse chiedendo aiuto. L’affondamento del peschereccio ha comportato anche potenziali problemi dal punto ambientale: nelle casse del Maria Rosa, infatti, erano rimasti molti litri di gasolio.

La soluzione per riportarlo a galla è stata trovata solo pochi giorni fa, con l’impiego di due grosse gru della ditta Vernazza, grazie alle quali il peschereccio è stato finalmente riportato in superficie. Importante in questo senso il contributo della squadra di sommozzatori della Tetramarine di Genova, che ha eseguito un’ispezione preventiva per pianificare l’intervento. Uno dei soci, il sommozzatore Enrico Marcenaro, ha cercato nelle scure acque portuali la via per il passaggio delle fasce di sollevamento, muovendosi con estrema attenzione in un intricato groviglio di cavi di acciaio e con varie attrezzature da pesca di bordo penzolanti e sparse intorno alla barca.

“Il problema del recupero – ha spiegato a Liguria Nautica Enrico Marcenaroera quello di raddrizzare la barca, essendo appoggiata di poppa sul fondo e bandarla di un terzo dal lato di dritta. Per poterla sollevare abbiamo fatto passare le apposite fasce nei punti di sollevamento preventivamente individuati sotto la chiglia, cercando di raddrizzare prima lo scafo per poter scaricare il peso dell’imbarcazione in chiglia. Altrimenti le fasce avrebbero potuto, sotto la pressione del peso, sfondare la murata di dritta e spaccare la barca, causando possibili riversamenti in mare del carburante e complicandone il recupero”.

La professionalità degli operatori della ditta Vernazza e della Tetramarine ha però consentito di portare a termine il recupero, evitando danni allo scafo e alle sovrastrutture e riportando la barca in superficie in perfetta posizione. Il peschereccio è stato poi issato sopra una chiatta e trainato in un cantiere navale, dove si procederà agli accertamenti dei danni e se ne programmerà la riparazione o lo smaltimento, anche in considerazione dei suoi 74 anni di onorato servizio.

Tra i pescatori genovesi, che si conoscono tutti e sono sempre pronti ad aiutarsi a vicenda nel momento del bisogno, è quindi partita una raccolta fondi per aiutare Gigi, a cui si è aggiunto l’impegno della presidente dell’Associazione pescatori della darsena, Daniela Boriello, che è riuscita a coinvolgere la Coldiretti nel recupero del Maria Rosa.

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1 commento

  1. Vincenzo says:

    Lo stato dovrebbe intervenire per aiutare questi poveri pescatori che sono stati privati non per causa loro di un bene fisico dovuto al lock down.

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