La nautica italiana continua a crescere a doppia cifra: +10,3% nel 2018

Alla tavola rotonda Boating Economic Forecast presentati i dati di un settore da tre anni con segno positivo.

19 September 2019 | di Marcella Ottolenghi

Grande soddisfazione per il settore della nautica, da tre anni in crescita secondo un trend a doppia cifra: +10,3% nel 2018 con un aumento del fatturato, arrivato quest’anno a 4,3 miliardi di euro, del 75% in cinque anni. Sono i dati della ricerca “La Nautica in Cifre 2018” realizzata da UCINA e Fondazione Edison, con il contributo di Assilea e il patrocinio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

A presentarli al Salone Nautico di Genova, durante la tavola rotonda “Boating economic forecast. Scenari di mercato, trend economici e demografia”, Saverio Cecchi, presidente di UCINA, Marco Fortis, vicepresidente di Fondazione Edison, Giorgio De Rita, presidente del Censis, Mario Mattioli, presidente di Federazione del Mare e Enrico Duranti, presidente di Assilea, introdotti e moderati Stefano Pagani Isnardi, responsabile dell’Ufficio Studi UCINA.

Una filiera esemplare, il comparto nautico, dell’eccellenza del Made in Italy. “Il nostro Paese -sottolinea Fortis- è al secondo posto dopo i Paesi Bassi per cantieristica, con 2 miliardi di euro di export. Una posizione raggiunta grazie anche ai superyacht, in cui tecnologia e design rivelano tutto il nostro saper fare”. E che regge nonostante la crisi di altri settori.

“Buone performance -spiega De Ritadate anche dalle trasformazioni economiche e demografiche dei paesi emergenti, in cui ad esempio stanno crescendo i ricchi che si possono permettere le nostre imbarcazioni”. Trasformazioni che fanno crescere anche il numero dei contratti di leasing, attestatisi nel 2018 sulle 230.000 unità, di cui quasi l’80% a favore di privati, “tanto quanto -afferma Duranti– il valore medio delle barche finanziate, che oggi si aggira circa sul milione di euro). E dimostrazione ne è la presenza a questo Salone di cinque agenzie di leasing con altrettanti stand propri”.

Nonostante questo nel nostro Paese le patenti nautiche restano comunque relativamente stabili come numero per via anche dell’andamento demografico italiano, che non ha ricambio generazionale. “Una questione di rilievo da affrontare -auspica De Rita- per non fare rimanere la nautica una realtà di nicchia”.

Per consolidare questo trend positivo, i relatori del convegno, che hanno presentato anche tutti i dati relativi all’export e ai distretti industriali nautici italiani, hanno sottolineato che non bisogna abbandonare il lavoro fin qui fatto, concentrandosi sulle filiere, che oggi vedono spezzarsi la linearità a favore dell’economia circolare, sul cambiamento d’uso delle imbarcazioni, soprattutto da parte delle nuove generazioni e sul binomio filiera globale/distretti industriali locali, da riuscire a far proficuamente convivere senza attriti.

La speranza, per Cecchi, è che le istituzioni italiane tengano il passo delle aziende e seguano i tempi: “Un buon passo avanti -ricorda- è stato l’istituzione del registro telematico, anche se ci sono voluti otto anni”. Così come lo sarebbe l’unificazione del referente istituzionale, perseguendo “semplicità e chiarezza di una regia unica con la creazione un Ministero del Mare, suggerisce Mattioli.

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1 commento

  1. Zini says:

    Essendo il sistema propulsivo almeno un terzo del valore di un imbarcazione media, per crescere con l’intero comparto made in italy, sarebbe necessaria piu etica e capacità di gestione della distribuzione da coloro che vendono motori per esempio. Non trovo corretto che un Azimut paghi lo stesso motore un terzo rispetto ad un altrettanto prestigioso cantiere italiano che peró non è in grado di fare gli stessi numeri. Cosi facendo si polarizza su pochi produttori e si standardizza per effetto dell’industrializzazione perdendo poi di fatto quel twist unico che i nostri cantieri hanno in termini di qualità e design. Forse ai signori di Goteborg andrebbe spiegato… visto la quantita enorme di sconti e bonus barca che elargiscono con il favore di manager poco credibili. Ricordatevelo all’affacciarsi della prossima crisi….

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