La vela in Liguria nel 2010: le impressioni di tre "persone informate sui fatti"

Vittorio d'Albertas (velaio), Pietro Micillo (Istruttore FIV), Riccardo Bergamasco (armatore) e il loro bilancio del 2010 velico. Non è solo colpa della crisi

30 December 2010 | di Redazione Daily Nautica

Vittorio D'Albertasagli sgoccioli della stagione velica 2010: non è stato un anno facile, anche il mondo delle regate ha subito un calo di partecipanti che in un periodo nero per l’economia globale può definirsi “fisiologico”. Ma forse, non è corretto addossare totalmente la colpa sulla crisi. Abbiamo contattato tre persone legate, in maniera diversa, al mondo della vela, chiedendo loro di fare un bilancio su questo annus horribilis della vela. Riccardo Bergamasco, imprenditore genovese di 39 anni, è fondatore e direttore sportivo del Melania Sailing Team: assieme a Stefano Ciavatta, Agostino Massa, Maurizio Gentile e Andrea Ronzitti ha ottimizzato l’Elan 333 “Melania” di cui è skipper e timoniere e ha creato la suddetta società per ridurre i costi. Negli ultimi due anni il team ha ottenuto ottimi risultati: terzo alla Giraglia, primo all’Intercircoli, secondo all’Invernale del Ponente, quarto all’Invernale del Tigullio e via dicendo. “Il calo di partecipanti alle regate d’altura – racconta Bergamasco – non è da imputare alla crisi. Se posseggo una barca armata, regatare è il costo minore. I problemi derivano dalla poca chiarezza dei regolamenti, dal calderone di Orc e Irc. Barche simili regatano in categorie diverse e viceversa: pare che l’Uvai (Unione Vela d’Altura Italiana) voglia unificare i due sistemi nel 2012, ponendo fine alle polemiche. Ma per ora, soprattutto i proprietari di barche piccole, che si vedono inserire in categorie di “bestioni”, non si divertono più e non partecipano”.

Vittorio D’Albertas, velaio di Santa Margherita Ligure ed eclettico velista (primo all’Invernale del Tigullio in Irc e secondo al Pirelli come tattico su “Sea Whippet”, terzo al Campionato Italiano Dinghy, nono nell’ambito del Campionato Nazionale Finn) ha vissuto il 2010 in modo particolare: “E’ stato l’anno della nascita e del consolidamento della nostra azienda (la veleria Quantum, ndr) – esordisce – un momento di crescita tra mille difficoltà. Siamo partiti tenendo un profilo basso, con calma, senza l’obiettivo di maturare profitti da Creso. Abbiamo preso come stimolo, come sfida il brutto periodo che la vela sta vivendo: in periodi come questo, capisci subito i tuoi punti forti e quelli deboli. Se non elimini subito i secondi, paghi. E per ora va tutto bene”.

Pietro Micillo è uno tra i più giovani degli istruttori federali in forza allo Yacht Club Italiano: la sua squadra di Optimist è diventata il punto di riferimento per la vela genovese: “Se ancora non si può parlare di crisi nell’ambito della vela giovanile, lo dobbiamo allo YCI e alle sue numerose attività. La mia non vuole essere una “sviolinata”, ma una lucida analisi dei fatti. Tutti i circoli medio-piccoli si ritrovano in un momento di grande difficoltà, derivante in primo luogo da una carenza di strutture. Non deve sorprendere quindi – prosegue Micillo – che il “vivaio velico” cittadino si riversi sulle banchine dello YCI. Forse una situazione leggermente più eterogenea potrebbe far bene alla vela, con maggiori possibilità di confronto e un numero più alto di ragazzi che si avvicinano alla vela (in calo negli ultimi anni, ndr). Ma senza basi nautiche, non si va da nessuna parte. Non abbiamo scali pubblici e porticcioli, a differenza, ad esempio, della Francia”.

Che la crisi rappresenti un comodo “capro espiatorio” a cui imputare problemi derivanti da fattori ben più antichi, sempre discussi e mai risolti?

Eugenio Ruocco

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