Armatori della vostra barca 45 giorni l'anno! Enrico Podestà ci spiega come si fa

Abbiamo contattato Enrico Podestà, titolare di MedBoat Sharing, per farci spiegare come funziona il suo innovativo sistema di boat-sharing, con cui si diventa armatori di una barca di ultima generazione dall'oggi al domani

7 June 2012 | di Redazione Daily Nautica

Spesso, nei discorsi da bar, aleggia una sorta di esterofilia spicciola: «Nei Paesi anglosassoni – o scandinavi, non importa – funziona tutto meglio» oppure «Lassù stanno bene, mica come da noi». Posto che il “lassù” non indica nello specifico alcun luogo e la terza persona plurale generica non si sa a chi sia riferita, bisogna andarci cauti con la mitizzazione degli altri stati. Per quanto riguarda la nautica il discorso cambia. Gli inglesi sono sempre stati un passo avanti: Enrico Podestà (nella foto), titolare di MedBoat Sharing, lo sa bene. Ed è proprio a una formula inglese che si è ispirato per la creazione della sua attività, unica in Italia: un servizio di boat-sharing che vi consentirà di diventare armatori di una barca per 45 giorni l’anno.

 

Chi è Enrico Podestà Enrico, genovese trapiantato a milano, classe 1968, è un vero lupo di mare. Inizia la sua carriera velica relativamente tardi, a 18 anni, sui Laser, approdando nella squadra nazionale. Nel 2003 chiude all’ottavo posto overall alla Mini Transat: 4.250 miglia in solitaria, da La Rochelle (Francia) a Salvador de Bahia (Brasile), con un solo scalo a Lanzarote, nell’arcipelago delle Canarie. Con il suo Proto “Diabolo” (Diaboló, alla francese), che è il nome francese di Muttley, il cane ridanciano che affianca Dick Dastardly nel cartone di Hanna & Barbera “Wacky Races” (da noi tradotto in “Le 500 in miglia spacca-motori”), ottiene un piazzamento che resta tuttora imbattuto dai connazionali ministi (Giancarlo Pedote è arrivato quarto nell’edizione 2009, ma nella categoria riservata agli scafi di serie). Lavora alla North Sails, regata in IMS e passa un periodo nel Regno Unito per la Performance Sailcraft a studiare il Laser 5000, che sarebbe dovuto diventare lo skiff olimpico se l’ISAF non si fosse poi orientata sul 49er. Un filo rosso lo lega ai Mini 6.50: è infatti il tesoriere della classe italiana e ogni tanto si ributta a bordo. Proprio a dimostrazione che il lupo (di mare) perde il pelo ma non il vizio, è recentemente sceso in acqua assieme a Michele Zambelli in occasione della Arcipelago 6.50, vincendo alla grande. Dal 2008 si lancia nell’avventura di Med Boat Sharing, di cui gli abbiamo chiesto di parlare in questa approfondita intervista.

 

Enrico, da cosa nasce l’idea di Med Boat Sharing? C’entra la crisi di settore?

«In realtà, la gente ha incominciato a percepire la crisi dopo il 2008, anno in cui ho cominciato la mia attività. Leggendo un articolo su un giornale, relativo all’ attuale tendenza a un consumo legato alla possibilità di fruizione più che al possesso, vuoi per gli stili vita moderna, più frenetici e complessi, vuoi per i costi, mi è venuta l’idea. Esisteva già lo sharing in campo immobiliare, nei veicoli, nella moda. Ho scoperto che, negli Stati Uniti e in Inghilterra, c’era già anche il boat-sharing. Così mi sono recato in UK per saperne di più, e ho importato il “format” in Italia».

 

Come funziona il tuo servizio? In che modo differisce da un normale charter?

«Chi stipula un contratto con noi, ha due possibilità: diventare socio “member” o socio “owner”. Il member ha diritto all’utilizzo della barca 45 giorni distribuiti nell’arco dell’anno, prenotandoli nell’apposito calendario online anche con molto anticipo e potendo disdire la prenotazione fino a 24 ore prima. Nel periodo in cui usa la barca, ne è l’armatore: non ci sono check-in o check-out, la barca gli viene recapitata in perfette condizioni (la manutenzione è a nostro carico), e il canone annuale di locazione è più basso del costo di affitto annuo del solo posto barca. Insomma, gli consegniamo la barca “chiavi in mano”. I prezzi sono competitivi rispetto a quelli di un normale servizio di charter – anche perché le imbarcazioni, sempre di ultima generazione, sono tirate a lucido – e decisamente convenienti se confrontati con quelli di possesso, anche considerando il fattore psicologico, visto che non sussistono preoccupazioni. Il socio owner è invece colui che compra la barca nuova decidendo di inserirla nel nostro programma di gestione: si tratta di un acquisto “protetto” perché, oltre a un contributo da noi versato (una rendita che, in 5 anni, arriva a coprire anche il 30% del valore d’acquisto dell’imbarcazione), l’armatore non deve farsi carico delle spese di gestione, manutenzione compresa. Le uniche spese sono quelle relative al contratto di leasing e – se lo scafo supera i 10 metri – alla tassa di possesso. L’owner sa inoltre che la barca sarà utilizzata da un massimo di 7 “member” fidati, di cui i nostri esperti, qualora non si trattasse di esperti marinai, attraverso uscite in mare e lezioni specifiche curano la formazione. Il contratto, stilato in maniera chiara, non prevede lucro per l’armatore, ma va detto che tutto il rischio di impresa se lo assume Med Boat Sharing. Un bel vantaggio rispetto al charter…».

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Il socio owner può rescindere il contratto?

«Certamente, senza alcun “inghippo” o spesa aggiuntiva. Basta farlo con nove mesi di preavviso, il tempo che ci serve per trovare un’altra barca su cui smistare gli altri member. Va detto comunque che i nostri contratti con l’owner hanno una durata massima di 5 anni, al termine dei quali l’accordo non è reiterabile, perché la nostra vision prevede che il parco barche rimanga sempre di ultima generazione».

 

È stato difficile portare nuove idee nell’Italia “sorniona”?

«L’avvio è stato un po’ lento, anche perché abbiamo dovuto investire sulla comunicazione e sul “farci conoscere” nell’ambiente. A partire dal Salone Nautico del 2011, con il lancio delle nuove basi di Lavagna e Loano, abbiamo cominciato a raccogliere i frutti del nostro lavoro, nonostante le incertezze della crisi. Il mercato della nautica italiano potrà uscire dalla stasi soltanto con nuovi investimenti e nuove idee. La correttezza di questa “dottrina” è dimostrata dalla soddisfazione dei nostri clienti, che, lasciata da parte la prima diffidenza verso un servizio che è comunque pionieristico, almeno in Italia, si innamorano della vela e rinnovano i contratti. Anzi, a volte li disdicono perché decidono di passare da soci member a soci owner oppure si comprano una barca tutta per loro».

 

Possiamo considerare Med Boat Sharing come un canale “smart” di accesso alla vela?

«Assolutamente si, e, piano piano, lo stanno capendo anche i cantieri. Ad esempio Beneteau ha un suo servizio di sharing in America, che sfrutta come canale di vendita».

 

Dove sono le vostre basi e quante barche avete, per adesso, in gestione?

«Siamo in Liguria al Marina di Loano, nel porto di Lavagna, e a Porto Mirabello, nel cuore della Spezia. In Toscana abbiamo basi alla Marina di Scarlino e a Cala Galera, nel Lazio siamo a Riva di Traiano. Per quanto riguarda l’Adriatico, il nostro punto strategico è la Marina di Rimini. Abbiamo in gestione 5 imbarcazioni, da 30 a 43 piedi. Non puntiamo su barche troppo grosse perché il nostro target sono i nuclei familiari più che i grandi gruppi di amici».

 

Come si diventa soci MedBoat?

«Basta andare sul nostro sito per le informazioni di base, per vedere la barca che interessa nella località preferita. Dopo di che si chiama il base-manager per fissare un appuntamento. Qualora si decida di sottoscrivere il contratto annuale, si parteciperà a un corso per conoscere la propria barca e in pochi giorni ci si ritrova al timone!».

 

Non può mancare la domanda più “politica”. Cosa ne pensi delle recenti misure varate dal governo, come la tassa barca, la liberalizzazione del charter e l’applicazione del regime del margine Iva per i contratti di leasing?

«Credo che, nel momento congiunturale non idilliaco quale quello che stiamo attraversando, l’istituzione della tassa sul possesso sia un provvedimento che in sostanza ci riallinea con gli altri Paesi, e non ritengo che andrà ad incidere più di tanto sul potere d’acquisto dei diportisti. Non mi è piaciuto, invece, il clamore mediatico costruito intorno alla prima formulazione dell’imposta (la tassa sui diritti di stazionamento, ndr). Tipico viziaccio italiano, quello di fare “molto rumore per nulla”. E intanto qualche barca ha fatto rotta verso le coste straniere. La liberalizzazione operata sul noleggio della propria imbarcazione, in teoria, deve ancora diventare legge con decreto, perciò aspettiamo di capire cosa succedere. Mi auguro che il settore del charter possa comunque rimanere in mano ai professionisti senza che marinai improvvisati, facilitati dalla nuova norma, possano svilire la professione. Per concludere, credo che l’applicazione del margine Iva sui contratti di leasing vada a dare ossigeno ai rivenditori, perché il mercato del nuovo e dell’usato è in pesante stagnazione».

 

Eugenio Ruocco

 

 

Potete contattare, per ulteriori informazioni su MedBoat Sharing, Enrico Podestà all’indirizzo mail epodesta@medboatsharing.com, o al 335 7070705, o visitare il sito internet della società.

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