I fantasmi del Moby Prince tornano a far paura

Dopo 23 anni dalla più grande tragedia della storia navale civile italiana (140 morti) emergono nuovi elementi sull'incidente tra la Moby Prince e l'Agip Abruzzo nel porto di Livorno tra navi fantasma e nomi in codice. Chi era Agrippa?

7 July 2014 | di Redazione Daily Nautica

Era la sera del 10 aprile 1991. Al porto di Livorno era attraccata la nave traghetto Moby Prince che come di routine era pronta a mollare gli ormeggi in direzione di Olbia. Niente e nessuno poteva immaginare che quella data sarebbe stata consegnata alla cronaca come il più grande disastro navale della storia italiana. Alle 22.03 infatti il Moby Prince mentre effettuava le consuete manovre di uscita dal porto schiantò violentemente la prua con la petroliera Agip Abruzzo provocando la fuoriuscita di 2.700 tonnellate di greggio che a contatto con le scintille provocate dall’impatto si trasformò (a dire il vero molto lentamente) in una enorme molotov che ridusse il traghetto in una torcia avvolta dalle fiamme. Da quel momento tutto è avvolto da una fitta coltre di fumo nero. Le cause della collisione, i ritardi dei soccorsi, la condotta dell’equipaggio, la situazione meteorologica, il traffico all’interno del porto. Indagini, commissioni d’inchiesta, processi, sentenze, revisioni. Niente. Misteri italiani. L’unica cosa che resta sono i 140 morti (unico superstite fu il mozzo napoletano Alessio Bertrand) intossicati o carbonizzati quella maledetta notte.

 

Ora a distanza di 23 anni per i familiari forse è tempo di trovare la verità. Sono molti infatti i nuovi elementi emersi nel corso degli anni ed è forse arrivato il tempo di mettere in ordine le idee. E’ per questo che M5s, Pd e Sel hanno chiesto l’apertura di una nuova commissione d’inchiesta alla luce del filone emerso dalle perizie dello studio di ingegneria forense Bardazza di Milano che da alcuni anni si occupa della riapertura delle indagini. Ma stavolta i protagonisti non sono gli errori umani, le inadempienze tecniche o degli improbabili sabotaggi ma i fantasmi. Si proprio così. La Moby Prince e l’Agip Abruzzo erano le uniche navi presenti nel porto quella notte? Negli attimi concitati della collisione la Capitaneria di porto aveva contattato la nave militare americana Cape Breton, l’imbarcazione più prossima all’incidente, avvisandola dell’accaduto. Il capitano statunitense Micheal Brown nella comunicazione di risposta aveva parlato di una fantomatica nave “Agrippa” ma nei verbali delle indagini questo nome era stato incredibilmente trascritto per errore? con “adrift” ovvero avaria. Ma chi era Agrippa? Ufficialmente infatti non risulta la presenza di quell’imbarcazione a Livorno quella notte. Così come la Theresa, un’altra imbarcazione che lasciò la propria traccia nelle comunicazioni con la Capitaneria di porto, nel tentativo di contattare un’altra nave, la Ship One. Ma nessuno le ha mai viste. Navi fantasma come quelle dei racconti di Arthur Conan Doyle.

 

Per lo studio Bardazza non si tratta di Mary Celeste o l’Olandese Volante. Niente leggenda o fantasia. Si tratterebbe semplicemente di nomi in codice per occultare la vera identità delle imbarcazioni presenti nel porto quella notte. Theresa sarebbe infatti la nave militare americana Galliant II. Mentre l’identità di Agrippa sarebbe proprio la petroliera Agip Abruzzo con cui la Moby Prince si schiantò. Perchè una petroliera italiana aveva un nome in codice in uso alle forze militari americane? Chi c’era veramente quella notte? Perchè nel 2007 il consulente di intercettazioni telefoniche e ambientali, Fabio Piselli, che aveva indirettamente trovato nuove informazioni sulla vicenda, è stato misteriosamente aggredito e quasi arso vivo da ignoti? Sono le domande che si chiedono dal 1991 i familiari delle vittime e i cittadini che amano la verità in un paese che da Piazza Fontana a Ustica non ha ricevuto mai nessuna risposta. Solo buio. Forse un’altra pagina di quella storia chiamata “la notte della repubblica”.

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2 commenti

  1. Massimo says:

    Rolando, límpatto di una chiatta e una cosa, una prua di traghetto che impatta in velocitá a mezzo scafo deve aver fatto spostare la petroliera di metri in frazioni di secondo, il comandante della petroliera, se ha parlato di chiatta ho era confuso oppure voleva nascondere qualcosa. Pilota automatico, una virata del pilota cosí decisa sarebbe stata percepita in plancia del traghetto, che data la presenza di nebbia doveva essere a organico completo, resta anche il mistero di un incendio che coinvolge tutta una nave, del fatto che la Moby abbia messo macchine indietro e di tutto un insieme di particolari senza una lógica spiegazione.

  2. Rolando Bocchini says:

    Quella sera mi trovavo in rada ed all’ancora a Vada, nelle vicinanze del pontile della Solvay, a bordo di una gasiera come com.te ed ad un certo punto sul vhf ch. 16 ci furono comunicazioni concitate e ricordo che l’uff.le di guardia della petroliera avvisava la capitaneria di Livorno che una chiatta era andata a sbattere sulla fiancata della nave.
    Ho sempre pensato che l’incidente sia avvenuto per un banale errore umano (mia oppinione personale) e cioè quando è stato inserito il pilota automatico non è stata inserita la nuova rotta ( è rimasta la rotta di arrivo) e quindi il timone è andato violentemente a dritta e considerata la velocità del traghetto e la vicinanza della petroliera alle dighe hanno fatto il resto……è una teoria come tante altre ma sebbene banale capita sovente.Rolando

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