Tassa sulla barca, la nostra intervista a Barbara Amerio di Permare

La nostra intervista a Barbara Amerio, co-titolare del cantiere Permare, specializzato in megayacht e rimessaggio. "La tassa sul possesso? Nettamente più equa. Come cantieri siamo dalla parte del fisco"

5 March 2012 | di Redazione Daily Nautica

Grazie alla marcia indietro del governo Monti relativamente alla tassa sui diritti di stazionamento delle imbarcazioni, diventata tassa di possesso, non sono solo i porticcioli e le strutture turistiche a tirare un sospiro di sollievo, ma tutto il comparto nautico, cantieristica inclusa. Abbiamo contattato Barbara Amerio, figlia di Ferdinando, fondatore, nel 1973, del gruppo Permare, che attualmente sforna dai propri cantieri di Sanremo le imbarcazioni della serie Amer (86, 92 – di cui trovate qui la nostra recensione – e 116 piedi), sinonimo di solidità ed eleganza. Oltre al cantiere, il centro nautico Permare prevede anche spazi dedicati al rimessaggio degli scafi. Barbara si occupa di amministrazione e vendite in quella che è rimasta una grande azienda famigliare.

 

Come giudica la nuova tassa barca emendata?

«Nettamente più equa rispetto a prima, era quanto tutto il comparto nautico si aspettava. Riteniamo che sia giusto rivolgere la tassa agli italiani, e non anche agli stranieri, le cui spese vanno a comporre una parte importante d’indotto. Anche nelle altre nazioni funziona così: ognuno si paga le tasse da sé, senza inutili “pedaggi”. Purtroppo però, qualche barca ha già mollato gli ormeggi e se ne è andata dalle nostre coste».

 

Ha anticipato l’altra nostra domanda: avete perso clienti?

«Noi come Permare no, ma abbiamo notato in porto (a Portosole, ndr) la mancanza di yacht medio- grandi, battenti bandiera estera. I nostri clienti stranieri ci hanno comunicato che se la situazione non fosse cambiata, avrebbero fatto rotta verso altri Paesi».

 

La situazione del rimessaggio? Visto che la precedente proposta di tassazione prevedeva l’esenzione dal pagamento nei giorni di rimessaggio, avevate imbarcazioni in sosta forzata nei vostri spazi?

«Non abbiamo notato particolari differenze. Ma di sicuro la situazione non sarebbe girata a nostro favore: in Liguria abbiamo spazi molto esigui, e considerato che la tassa sui diritti di stazionamento sarebbe partita a maggio (come del resto quella sul possesso, in vigore dall’1 maggio, ndr), avremmo probabilmente ricevuto tante richieste in quel periodo, quando le nostre aree sono già occupate dagli scafi che hanno terminato lo svernaggio e, ad esempio, stanno rifacendo l’antivegetativa. A fronte di una domanda allargata, non avremmo potuto fornire un’offerta adeguata. Inoltre, siamo un cantiere costruttore e di rimessaggio, non un dormitorio, a noi fa piacere che i nostri clienti usino le barche!».

 

Secondo Lei, il settore della nautica da diporto, in Italia, soffre di lacune legislative? Cosa si potrebbe fare per promuoverne ulteriormente lo sviluppo?

«Basterebbero poche regole, chiare, da far rispettare a tutti. Dovremmo ispirarci all’Inghilterra, dove, ad esempio, le procedure di immatricolazione, vecchie di secoli, rimangono snelle e agevoli. In Italia c’è troppo burocrazia. Anche la struttura delle Capitanerie di porto andrebbe cambiata, in modo da accorciare i tempi di attesa».

 

E i controlli fiscali? Troppi?

«Niente affatto. Anzi, come cantiere ci schieriamo dalla parte del fisco. Noi costruiamo imbarcazioni, se poi i nostri clienti operano scelte fiscali illegali non è certo colpa nostra. Forse però se si approfittasse del periodo invernale per i controlli, quando le barche sono ferme e i registri di iscrizione possono essere tranquillamente essere verificati, invece che muoversi di estate tramutando un controllo in un vero e proprio evento mediatico, il diporto sarebbe visto con occhi diversi».

 

Eugenio Ruocco

 

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