Tonno in scatola: sappiamo cosa mangiamo? La nostra inchiesta – 1a Parte

Cosa sappiamo sulla qualità del prodotto e sui metodi di pesca? Il tonno in scatola è uno dei cibi più consumati, spesso il rischio è di mettere in tavola un alimento di dubbia qualità

30 May 2016 | di Redazione Daily Nautica

In Italia si consumano annualmente circa 144 mila tonnellate di tonno in scatola e gli introiti prodotti da questo mercato superano il miliardo di euro. Il nostro Paese è il secondo più grande produttore in Europa di tonno in scatola, recenti sondaggi segnalano che il prodotto è presente nelle case di nove italiani su dieci.

Tonno in scatola: cosa sappiamo di quello che mangiamo?

Ma noi consumatori sappiamo davvero cosa si nasconda in queste scatolette? Che tonno mangiamo? Quali informazioni ci vengono date dalle aziende produttrici sull’origine e sulla qualità del prodotto? Quali certezze? E ancora, quali sono le aree di pesca e i metodi utilizzati? Sono tante le domande a cui proveremo a rispondere, diversi i punti che cercheremo di chiarire.

Le informazioni che ci venivano date riguardo ai prodotti in scatola erano ben poche, e solo recentemente si è provato a capire meglio l’origine del cibo che consumiamo quotidianamente. La tendenza è mutata molto lentamente e i passi da fare sono ancora tanti.

Incominciamo da subito a chiarire alcuni punti. Secondo il regolamento (CE) 1536/92 le conserve ittiche possono essere vendute con la scritta “tonno” o “conserva di tonno” solo se contengono al loro interno una delle seguenti specie:  Obesus, o tonno obeso, Thynnus, o tonno rosso, Alalunga, simile a quello rosso ma di dimensioni inferiori, Albacares o tonno a pinne gialle, oppure Katsuwonus pelamis, noto come tonnetto striato.

Se l’azienda non specifica la tipologia di prodotto, il consumatore non può certo capire di che tipo di tonno si tratti. Questo non si verifica sempre anche perchè non è obbligatorio, come non è obbligatorio segnalare se il tonno in scatola proviene da pesce fresco oppure congelato.

Altra discriminante di notevole importanza riguarda l’olio di conservazione. Ne vengono usati diversi: quello di semi vari (qualità scadente), quello di oliva o extravergine di oliva (di ottima qualità) e infine quello ottenuto da un mix di olio di semi e di oliva, la tipologia più frequente. Inoltre spesso vengono aggiunti esaltatori di sapidità, per rendere il prodotto più gradevole al palato: un modo legalizzato per alterare la qualità del prodotto.

La questione del tonno in scatola merita di essere approfondita, così da fare un po’ chiarezza e certificare la qualità di un prodotto che mangiamo quasi quotidianamente.

La provenienza del tonno

Oggi è pressocchè impossibile che sulle nostre tavole arrivi tonno in scatola proveniente dal Mediterraneo: questo perché le grandi ultinazionali che si occupano della pesca del tonno preferiscono operare in Atlantico o in altri oceani dove questo pesce è più numeroso e la regolamentazione per il prelievo meno rigida. Fatta questa premessa, la possibilità da parte del consumatore di conoscere la zona di provenienza del pesce è un servizio molto importante per consentire una scelta consapevole tra i banconi del supermercato. Alcune marche hanno l’indicazione chiara sulla scatoletta (per esempio Asdomar o Mareblu), altre di meno.

Curioso il caso di Rio Mare: il consumatore per conoscere la provenienza del pescato deve copiare il codice di produzione, incollarlo in un apposito form disponibile sulla pagina internet dell’azienda, e aspettare dalle 24 alle 48 ore per una risposta esaustiva in termini di informazioni ma a nostro avviso decisamente poco pratica.

Di seguito le zone FAO dalle quali proviene la maggior parte del tonno che troviamo in scatola al supermercato.

Zona FAO 21: Atlantico Nord-Occidentale; Zona FAO 27: Atlantico Nord-Orientale; Zona FAO 27.IIId: Mar Baltico; Zona FAO 31: Atlantico Centro-Occidentale; Zona FAO 34: Atlantico Centro-Orientale; Zona FAO 41: Atlantico Sud-Occidentale; Zona FAO 47: Atlantico Sud-Orientale; Zone FAO 37.1, 37.2 e 37.3: Mar Mediterraneo;  Zona FAO 37.4: Mar Nero;  Zone FAO 51 e 57: Oceano Indiano; Zone FAO 61, 67, 71, 77, 81 e 87: Oceano Pacifico; Zone FAO 48, 58 e 88: Antartico; Zona FAO 18: Mare Artico.

Per proseguire con la seconda parte della nostra inchiesta clicca qui

Paolo Bellosta

Mauro Giuffrè

 

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