Vela olimpica, il medagliere piange. Tempo di ripartire

Inutile starci a girare intorno: queste Olimpiadi, per la vela italiana, sono state un fiasco. Per fortuna – magra consolazione - c’è un bel po’ di Liguria nel bel bronzo vinto dagli argentini

13 August 2012 | di Redazione Daily Nautica

È inutile starci a girare intorno. Per quanto riguarda la vela italiana, di queste Olimpiadi inglesi nelle acque di Weymouth poco ci ricorderemo, eccezion fatta per alcune buone prestazioni fatte registrare nelle singole prove. Era dal 1992 che l’Italia non tornava a casa con le “pive nel sacco”, cioè senza medaglie: a poco sono serviti il buon quarto posto, nel 470 maschile, di Gabrio Zandonà e Pietro Zucchetti e il quinto in rosa di Giulia Conti e Giovanna Micol. Ai Giochi, fuori dal podio, purtroppo, sei un signor Nessuno.

 

Il ventiduesimo posto di Filippo Baldassari tra i Finn e il trentacinquesimo di Michele Regolo tra i Laser (atleti le cui prestazioni sono state definite “inguardabili” in un’intervista dal presidente FIV Croce, che forse avrebbe dovuto mostrare un po’ più di tatto nei confronti di un giovane atleta qualificatosi sul campo e un “veterano” che finalmente, dopo anni di tentativi, è riuscito a coronare il suo sogno olimpico), il diciannovesimo di Francesca Clapcich tra i Radial, il trentaquattresimo di Giovanni Esposito nell’RS:X Maschile la dicono lunga sul futuro della nostra vela. È tempo di ripartire, investendo sulla vela olimpica, ma sul serio, impegnandosi fin da subito a trovare sponsor e migliorando la macchina comunicativa che ruota intorno alle discipline olimpiche.

 

Ad Alessandra Sensini, nona finale, di più non si poteva chiedere. Stesso discorso vale per la coppia Giuseppe Angilella- Gianfranco Sibello, con il timoniere palermitano chiamato a sostituire un asso come Pietro Sibello, ingiustamente lasciato fuori dai giochi dal CONI per un angioma, a detta di molti medici interpellati, controllabilissimo: un nono posto dignitoso (con tanto di vittoria nell’ultima prova prima della medal) che lascia ben sperare per il futuro di Angilella come degno erede dei fenomeni di Alassio.

 

Un po’ Liguria, per fortuna, non manca mai (oltre al succitato Sibello, ovviamente): Lucas Calabrese, 25 anni e Juan De La Fuente, 35 anni, atleti argentini della classe 470, hanno conquistato la medaglia di bronzo.

 

Dietro al successo di Calabrese e De La Fuente c’è tutto un team di persone di Sanremo, che hanno lavorato silenziosamente, per aiutarli e sostenerli.

 

Grazie a Andrea Mannini, socio e allenatore del circolo matuziano, che da quattro anni li segue ad ogni passo, (ma che con Juan De La Fuente aveva già iniziato a collaborare per le Olimpiadi di Pechino), grazie allo Yacht Club Sanremo, che li ha ospitati per molti allenamenti e regate, grazie alle vele, della Veleria Zaoli e grazie alla città di Sanremo, dove hanno vissuto in questi anni.

 

Andrea Mannini, che oggi riveste il ruolo di Responsabile Tecnico della Nazionale Argentina di 470 e che sino a fine 2011 è stato il loro allenatore, (anche per i giochi olimpici di Pechino),  ha fatto oltre quattrocento giorni di prove tecniche in mare con loro in quattro anni, in tutto il mondo, dalla Cina all’Australia, di cui 140 a Weymouth, in preparazione dei Giochi.

 

E.R.

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1 commento

  1. Aggiungerei ai professionisti italiani ingaggiati da altre nazioni i due meteorologi di Meteosport Alessandro Pezzoli e Andrea Boscolo, responsabili dei weather team rispettivamente di svedesi 1 oro e 1 bronzo e olandesi 1 oro 1 argento e 1 bronzo.
    Alessandro Pezzoli era anche a Pechino sempre per la Svezia 1 bronzo e ad Atene con la squadra austriaca 1 oro nel tornado e 1 argento nel laser (l’Austria come è noto non ha il mare ed è meno popolata della lombardia).
    Sicuramente le medaglie sono merito principalmente degli atleti, ma anche l’organizzazione della squadra e la collaborazione di professionisti affermati nei vari settori di supporto: meteorologi-preparatori atletici-allenatori-psicologi possono dare quel qualcosa in più che può fare la differenza; soprattutto quando gli atleti di loro non sono così lontani dall’eccellenza.
    E’ abbastanza inspiegabile che i nostri tecnici che dimostrano da anni di dare contributi determinanti, lavorino per altre nazioni.

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