Ecco come è nata la prima bitta a scomparsa: un’altra invenzione del ligure Giulio Versari

Prosegue il viaggio di Liguria Nautica su Giulio Versari e le sue invenzioni: questa volta vi raccontiamo come e perché venne inventata la bitta a scomparsa

Nelle puntate precedenti abbiamo parlato già ampiamente di chi fosse Versari e della sua geniale personalità, illustrandone le invenzioni più significative. Se la volta scorsa abbiamo raccontato come è nata la prima moto d’acqua della storia, adesso Liguria Nautica vi svelerà come è nata ma soprattutto perché venne inventata la prima bitta a scomparsa.

Se la moto d’acqua fu per il designer ligure e fondatore della ditta Versari & Delmonte un motivo d’orgoglio più personale (ci vollero ben 28 anni dalla sua ideazione prima che gli venisse riconosciuto il merito pioneristico), per la bitta a scomparsa invece il successo fu immediato, tanto da aggiudicarsi il premio come migliore accessorio di design al Salone di Parigi del 1989.

Ma come venne in mente a Versari questo accessorio nautico che contribuì a rendere più agevoli e sicuri i movimenti in barca? Sicuramente nacque dalla sua genialità e fantasia, ingredienti fondamentali all’origine delle sue creazioni, anche se non bisogna dimenticare il suo senso pratico della vita che lo portava a risolvere i piccoli e grandi problemi  di ogni giorno.

Carlo Guglieri, un suo dipendente che abbiamo intervistato e che ha lavorato per quasi 30 anni con Versari, curando la parte amministrativa e commerciale della Versari & Delmonte di Rapallo, ci ha raccontato un aneddoto.

Un giorno -ha ricordato- un suo amico lo andò a trovare in azienda dicendo che si era rotto un piede inciampando su una bitta dello yacht e Versari rispose: ‘e che problema c’è?  Te lo risolvo io il problema. E se la facessi sparire?'”.  Probabilmente fu così che gli venne in mente la bitta a scomparsa, per risolvere con un lampo di genio ma anche con uno spiccato senso pratico il problema ad un amico infortunato.

Nonostante il prestigioso riconoscimento al Salone di Parigi,  “la bitta a scomparsa -ha spiegato Guglieri- ci impiegò un po’ di tempo per entrare nel mercato. Per tutto il decennio degli anni 90’ -ha sottolineato- il suo ingresso nella nautica è stato un po’ faticoso, probabilmente perché era ancora un accessorio troppo moderno per i tempi che correvano e, come tutto ciò che è nuovo, destava sempre un po’ di riserve all’inizio”.

Infatti  si dovette arrivare a fine anni ’90/inizi 2000 per il vero e proprio decollo, dovuto anche alla creazione di nuovi modelli di diverse misure a seconda delle dimensioni delle imbarcazioni e grazie anche all’utilizzo di materiali diversi, acciaio inox e alluminio, che ne ampliarono la gamma guadagnando nuove fette nel mercato.

Oggi di bitte a scomparsa ce ne sono tantissime e dei tipi più svariati, elettriche pneumatiche ma la Versari del Monte opta sempre per la meccanica classica, confermandoci che il modello originario manuale di 30 cm circa del designer ligure è sempre il più richiesto. Per chi fosse curioso il brevetto originale è custodito in una mostra al Museo del Mare di Santa Margherita Ligure, sua città natale, a cui Versari ha voluto donare le sue invenzioni.

“Alcune bitte -ha affermato Guglieri- furono semplicemente un’imitazione del prototipo, dei veri propri cloni che lui stesso criticava. Molte altre invece hanno preso spunto dal suo modello per indirizzarsi verso altre soluzioni, rivolgendosi a lui per un consiglio o un suo parere. Ovviamente -ha concluso- questo per lui non poteva che essere motivo di orgoglio, dal momento che la sua invenzione aveva aperto la strada ad altre nuove idee”.

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