Immersioni, trucchi e segreti della compensazione (parte 1)

Tutto quello che un subacqueo deve conoscere ed a cui deve prestare attenzione per immergersi in sicurezza, con facilità e senza problemi

Chi ha avuto il piacere di insegnare in un corso subacqueo di primo livello conosce bene quelle smorfie di perplessità e di preoccupazione che si dipingono nei volti degli allievi quando comincia ad introdurre l’argomento “compensazione“. Personalmente, non sono mai riuscito a concludera una spiegazione della Valsalva senza che tutti i miei primi gradi fosserò già là, a tenersi il naso con le dita, soffiando come se dovessero spegnere un incendio: “Boh? Si saranno aperte o no queste tube d’Eustachio?”

Riuscirò a compensare correttamente?“. E’ la domanda che si sono posti tutti i subacquei alla loro prima esperienza. Anche quelli che adesso hanno un migliaio di immersioni certificate sul logbok e sorridono nel rivedere nei principianti quegli stessi timori che avevano manifestato anche loro quando, tanto tempo fa, hanno messo un erogatore in bocca e, per la prima volta, hanno infilato la testa sotto le onde del mare, entrando in un universo che chi vive solo sulla superficie può solo immaginare.

La prima cosa da sapere sulla compensazione quindi è che bisogna stare tranquilli. Fatta salva una rarissima percentuale di persone affette da particolari patologie al timpano o disfunzioni alla tuba – ma deve essere un otorino a certificarlo! – tutti possiamo compensare. Magari qualcuno più facilmente e qualcun altro meno, ma la compensazione è una manovra che Madre Natura ha fornito a tutti. Così come è capitato a tutti di fermarsi ai tre metri, provare, riprovare ed alla fine rinunciare all’immersione perché… perché lo dovevi sapere che eri reduce da un brutto raffreddore e che non era nemmeno il caso di tentare di immergerti quel giorno! Pazienza. Tutta esperienza in più!

Ma andiamo con ordine e vediamo cosa è questa compensazione. Da un punto di vista fisico, compensare significa ristabilire un equilibrio. Per un subacqueo, l’equilibrio in questione è quello tra la pressione esterna dovuta alla colonna d’acqua che ha sulla testa e le cavità contententi aria che si porta dietro. I solidi come le ossa, la muscolatura (o anche le pinne!), non hanno nessun problema con la pressione. I gas come l’aria invece sì, perché sono comprimibili.

Quali sono queste cavità gassose? Presto detto: la maschera, i polmoni e l’orecchio medio. Per la maschera è sufficiente ricordarsi di espirare un poco col naso di tanto in tanto, cosa che ai più viene spontaneo. Mal che vada, l’aumento di pressione comporterà, al massimo, la rottura di qualche capillare dell’occhio causando il fenomeno, fastidioso ma innocuo, degli “occhi rossi”. I sub che ci cascano sono riconoscibili perché la sera, quando si va a cenare con i compagni di immersione, portano gli occhiali scuri anche a tavola. E vengono inevitabilmente presi in giro da tutto il gruppo di amici! Tutta esperienza anche questa.

La compensazione della maschera richiede attenzione solo nel caso degli apneisti, costretti a centellinare l’aria, ma chi “succhia” dall’erogatore non ha di questi problemi. Stesso discorso per i polmoni. Nel caso di un apneista, a compensare l’aumento di pressione esterna interviene un fenomeno particolare detto “blood shift” o emocompensazione toracica, che consiste in un maggior richiamo di sangue nelle cavità toraciche. Si tratta di una reazione fisiologica all’aumento della pressione dell’acqua che l’uomo ha in comune con i delfini. Come fu scoperta è una bella storia e ne parleremo magari in una prossima rubrica. Ma anche in questo caso, chi si immerge con le bombole non ha di questi problemi. L’erogatore gli fornisce tutta l’aria di cui ha bisogno per equilibrare la pressione esterna. Questo è anche il motivo per il quale più si va sotto e più si consuma.

Il vero problema qiundi, sta tutto nell’orecchio medio e nelle (famigerate) tube di Eustachio. Come vedremo nei dettagli tra una settimana.

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