Deepsea Challenger: in fiamme il batiscafo di James Cameron

Il 26 marzo 2012 il regista aveva raggiunto il fondo della Fossa delle Marianne nel corso di una spedizione congiunta della National Geography Society e Rolex

28 July 2015 | di Redazione Daily Nautica

Il Deepsea Challenger: il veicolo subacqueo che tre anni fa ha raggiunto il punto più profondo degli oceani (circa 10.908 metri) in corrispondenza della Fossa delle Marianne, è stato danneggiato giovedì scorso da un incendio che ha coinvolto il camion che lo stava trasportando verso Baltimora in vista di una spedizione in Australia.

Nel 2013, in occasione del primo anniversario della spedizione, Cameron aveva donato il Deepsea Challenger al Woods Hole Oceanographic Institution che, al momento sta indagando sulle cause dell’incidente e sull’entità dei danni.

Cameron, ha impiegato sette anni a sviluppare il veicolo lungo 24 piedi, in grado di ospitare un solo uomo di equipaggio e sopportare una pressione di 1100 kg per centimetro quadrato. Il Deepsea Challenger nel corso dell’immersione ha consentito l’acquisizione di immagini tridimensionali ad alta risoluzione e campioni che, secondo quanto dichiarato dai ricercatori nel 2013, ha consentito l’individuazione di 70 nuove specie di organismi marini in grado di sopportare pressioni così estreme.

La Fossa delle Marianne si trova nell’Oceano Pacifico a est delle omonime isole ed è delimitata dalla zona dove la placca tettonica del Pacifico si insinua al di sotto della placca delle Filippine. Il Challenger Deep rappresenta il punto più profondo della fossa.

Nel corso dei secoli solamente tre uomini hanno raggiunto il fondo della Fossa delle Marianne: oltre a Cameron sul Deepsea Challenger, Jaques Piccard insieme a Don Walsh nel 1960, a bordo del batiscafo Trieste.

“Il fondale era morbido e piatto – ha raccontato, una volta in superficie, dopo più di 7 ore di immersione – ho iniziato a muovermi fino al crinale, alla parete della fossa. Ho iniziato a salire e ho visto tre artropodi, gamberetti, nulla di più grande della lunghezza di un pollice. Ho provato un senso di isolamento, mi sono sentito minuscolo ed è stato anche un momento di pura contemplazione. Ero la a guardare fuori dall’oblò e me la godevo”

Paolo Andrea Gemelli

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