Immersioni nella Penisola Calcidica: alla scoperta dei relitti di Kassandra e Sithonia

Lungo le coste della Penisola Calcidica ci sono solo due relitti visitabili: il primo a Kassandra, il secondo a Sithonia

10 September 2019 | di Paolo Ponga
Penisola Calcidica - Kalamitsi wreck
Kalamitsi wreck

La tipica immagine che la nostra mente crea al pensiero della Grecia è disegnata con colori pastello, non artificiali, che ricordano l’infanzia, come le cose più vere. Il cielo è così azzurro, il mare ancora più blu, le colline sono verdi di ulivi, conifere e macchia mediterranea, mentre le casette dei pescatori sono bianche e azzurre come le tovaglie delle taverne.

Anche la Penisola Calcidica, situata nel nord del Paese e facente parte della regione della Macedonia, non si discosta molto da questa immagine. Il mare però è differente, perché non si può definire solamente “blu” ma assume di norma tre o quattro tonalità diverse e una limpidezza tale che non ci si stanca mai di guardarlo.

Sotto la superficie, invece, il mare greco non è particolarmente ricco di pesci, vista la naturale tendenza dei suoi abitanti a praticare una forma indiscriminata di pesca con ogni mezzo possibile, unita ad una mentalità che lo rende una risorsa da depredare e che impedisce la creazione di riserve marine. L’attività ricreativa subacquea è stata approvata solo di recente.

Fino al dicembre 2005, infatti, le immersioni turistiche in zone con possibile presenza di relitti antichi erano assolutamente vietate dallo Stato greco, per paura che l’industria subacquea potesse favorire il prelievo delle antichità sommerse. Per fortuna un legislatore più lungimirante ha voluto cambiare la situazione e dal gennaio 2006 ad oggi il territorio ellenico ha visto tutto un proliferare di nuovi centri di immersione.

Tuttavia, non essendo ancora stata formata una vera cultura del turismo sommerso, questi diving center sono portati a prediligere prove subacquee e corsi di primo livello, sia per il pubblico greco che per quello proveniente dalla Gran Bretagna o dai Paesi dell’area balcanica (più vicina geograficamente). La Macedonia, con le sue magnifiche spiagge sabbiose situate nel nord del Paese, è oggi assai frequentata da famiglie e neofiti dell’attività subacquea provenienti da tutta Europa, a formare un “melting pot” di culture giunto qui per rilassarsi di fronte al mare.

I titolari dei diving center stanno cominciando solo ora a comprendere le potenzialità di un turismo dedicato alle immersioni subacquee e tendono così alle scelte di minor fatica, prediligendo immersioni facili, poco profonde o da terra.

Il territorio della Calcidica è costituito da tre penisole, tre propaggini che, come le dita di una mano, sono protese verso il blu del Mare Egeo. La prima che si incontra venendo da Salonicco è Kassandra, la più antropizzata, con un’enorme offerta turistica per tutte le tasche e dolci colline piene di ulivi.

La seconda si chiama Sithonia, è un po’ meno frequentata ed è quella più “naturale”, con magnifiche spiagge che si raggiungono da un territorio più aspro e montuoso, ricco di conifere. La terza? È quella del Monte Athos, dove c’è una Repubblica monastica che vieta l’ingresso alle donne e consente invece l’accesso a 100 ortodossi e 10 cristiani non ortodossi al giorno, che possono entrarvi via nave solo dopo aver ottenuto un permesso scritto dal Consolato italiano di Salonicco.

Dal punto di vista subacqueo la zona da preferire è quindi quella di Sithonia, in cui le immersioni, anche se effettuate normalmente da terra e in ambienti molto frequentati, sono comunque gradevoli e consentono di godere di un piacevole paesaggio sottomarino dotato di grande visibilità e di diverse varietà di pesci, tra cui saraghi, occhiate, boghe e, con un po’ di fortuna, un paio di ricciole e di aragoste.

Stiamo parlando, chiaramente, di ambienti non paragonabili alla maggior parte delle immersioni di casa nostra, soprattutto se effettuate nei parchi marini. Quindi, esiste un motivo per organizzare un viaggio in Grecia che comprenda la subacquea come momento topico e non si limiti esclusivamente all’ovvio sole/mare/amore più pesce ed agnello alla griglia, rovine storiche e totale relax? Certo: i relitti.

Il mare greco è ovviamente pieno di relitti visitabili, da quelli antichi (greci e romani) fino a quelli innumerevoli delle due guerre mondiali (si parla di 3000 navi affondate nelle acque greche solo nella seconda) e persino alcuni relativi ad affondamenti ancor più recenti. Le potenzialità offerte da questo incredibile patrimonio sommerso non sono state ancora adeguatamente valutate dall’industria subacquea locale, tranne forse a Cipro, dove i greci della Repubblica sono riusciti, con i media inglesi, a creare il mito della Zenobia, un cargo definito (esageratamente) uno dei dieci relitti più belli del mondo.

Attualmente, lungo le coste della Penisola Calcidica, ci sono solo due relitti (difficilmente) visitabili: il primo a Kassandra, il secondo sulla punta di Sithonia. In entrambi i casi, la storia delle navi non è ancora stata svelata con certezza e rimane un alone di mistero.

Il relitto di Kassandra è noto (rintracciabile su internet) e conosciuto come “Mitilini wreck“. La storia ipotizzabile è la seguente. Era un piccolo vapore di circa 40 metri di lunghezza, costruito in Germania negli anni ’20 come trasporto costiero e fluviale, di piccolo cabotaggio e pescaggio. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale venne ceduto alla Grecia come riparazione di guerra e da allora utilizzato per il trasporto di merci nella zona di Salonicco.

Durante l’ultimo viaggio, probabilmente nell’inverno del 1962, stava trasportando un carico di bottiglie di vino tra Salonicco e Mitilene (da cui prese poi il nome). L’affondamento fu presumibilmente causato da un’improvvisa tempesta invernale che sorprese la piccola nave al largo della località di Sani, mentre aveva un’avaria al motore. A nulla servì gettare l’ancora (ancora visibile), che non riuscì a fare presa sul fondo sabbioso e le onde sbatterono quindi violentemente la poppa del vapore contro gli scogli, facendolo inabissare in assetto di navigazione.

L’immersione è oggi possibile con diversi diving ma il più comodo è sicuramente quello di un resort a 5 stelle di difficile ingresso, che si trova a 5 minuti di navigazione dal relitto (ma con prezzi e servizio adeguati). L’immersione, data la profondità di soli 20 metri e la mancanza di difficoltà di qualsiasi genere, è davvero alla portata di tutti e mantiene un certo fascino per la bellezza della prua affilata dell’imbarcazione e le sue ottime condizioni: nelle stive sono ancora visibili delle bottiglie di vino.

Il relitto di Sithonia è ancora più affascinante. Parliamoci chiaro, si tratta di un altro relitto “facile”, a bassa profondità, però… Però è una sorpresa, perché assolutamente non pubblicizzato sulla rete e perciò assai difficile da trovare, tranne per dei filmati che si possono recuperare solo se si sa cosa cercare, se se ne conosce già l’esistenza. In più, i testi sacri dei cercatori di relitti non ne parlano mai.

Pur essendo a bassa profondità come il precedente, si trova sulla punta della penisola rivolta verso il mare aperto, in un punto della costa battuto frequentemente dalle medesime correnti che l’hanno fatto affondare. In conclusione, è uno di quei relitti che non si vuole rivelare per mantenere un’aura di mistero.

L’unico diving che accompagna i subacquei al relitto è il “Dolphin” di Porto Kalamitsi, gestito in maniera impeccabile da dei gentilissimi e precisissimi austro-tedeschi, in collaborazione con un istruttore greco. Da tempo alla ricerca della verità, l’ipotesi secondo loro più probabile è che si tratti di un piroscafo chiamato “Lorelei” (dal nome della famosa roccia sul fiume Reno), dato in omaggio dal Kaiser Guglielmo II al sultano turco all’inizio del secolo scorso. In quegli anni la presenza economica tedesca nell’Impero turco era molto forte e si stava concretizzando nella costruzione della ferrovia che portava fino a Bagdad.

Dal punto di vista militare, nell’incertezza della situazione con la Gran Bretagna che poteva sfociare in un conflitto europeo, la Turchia risultava un alleato meridionale estremamente importante e in difficoltà, dopo una guerra perduta contro l’Italia e la rivolta dei popoli balcanici a lei assoggettati (che darà luogo alla Prima guerra balcanica). La cessione a titolo gratuito di alcune navi, civili e militari, unita all’arrivo di ufficiali addetti alla formazione delle truppe, assumeva così un senso ben preciso: penetrazione economica e militare.

Secondo le informazioni a disposizione del diving, il Lorelei, un mercantile a vapore lungo circa 70 metri, nell’inverno del 1912 incappò in una tempesta che gettò la nave contro le rocce della costa (vicino a Porto Kalamitsi), così violentemente da spezzare la nave in due tronconi e non lasciare superstiti.

Riesco a visitare il relitto in una giornata estiva particolarmente bella, con il solito mare dai colori eccezionali. Tuttavia, quando il gommone del diving arriva nella zona dell’affondamento, la superficie è diventata di uno strano colore blu metallico che non fa presagire nulla di buono, soprattutto se si osserva il montare di onde poco regolari.

In più l’ancoraggio, a causa della probabilità di forti correnti, è esattamente sui resti della nave, molto vicino alle rocce che l’hanno affondata. Vista l’incertezza della situazione subacquea, saremo due sub con due guide. Il mio custode si chiama Jorn ed è un tedesco di Wilhelmshaven, famoso porto militare prussiano.

Viste le condizioni in superficie, scendiamo velocemente sott’acqua, trovando però una visibilità migliore delle aspettative. Così, grazie ad essa e alla mia torcia Giosub, riesco a scattare molte fotografie del relitto. La prua è in condizioni pessime e ne rimane solo lo scheletro metallico appoggiato sulle rocce. La parte poppiera invece, leggermente inclinata su un lato e a forma di coppa di champagne (tipica dell’epoca), è piacevole sia da guardare che da riprendere. Il timone è appoggiato sulla sabbia ma mancano l’elica e il motore, chiaro segno che la nave è stata oggetto di qualche operazione di recupero.

Vedere i resti di una nave affondata è sempre una grande emozione. È avventura, storia e natura, in un mix sempre affascinante. Un ricordo unico che rimane per tutta la vita. E poi qui c’è anche il mistero della sua storia, anche se sono convinto che, con la consueta caparbietà, riuscirò a trovare altre informazioni. La soluzione e la certa attribuzione? Chissà.

Paolo Ponga

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