Cosa fa un velista oceanico quando non naviga? – LN intervista Michele Zambelli (VIDEO)

Nell'intervista Michele ci ha raccontato il suo punto di vista sulla situazione della vela in Italia e su cosa si potrebbe e dovrebbe fare per migliorarla.

27 September 2017 | di Redazione Daily Nautica
Una foto dall'intervista a Michele Zambelli al Salone Nautico di Genova
Una foto dall'intervista a Michele Zambelli al Salone Nautico di Genova

Cosa fa un velista oceanico quando non naviga? Questa è una delle domande che abbiamo rivolto a Michele Zambelli, amante del mare e velista oceanico, in un’intervista esclusiva al Salone Nautico di Genova. Una conversazione in cui Michele ci ha raccontato il suo punto di vista sulla situazione attuale della vela in Italia e su cosa si potrebbe fare per migliorarla.

LN – Cosa ne pensi di questa edizione del Salone?

MZ – E’ un Salone Nautico molto giovane, mi ha stupito la quantità di ragazzi presente. Una cosa positiva visto che quello della nautica in Italia è sempre stato un mondo per gente dai capelli bianchi. Quest’anno vedo delle facce un po’ più giovani e comunque una bella crescita.

LN – Da giovane velista oceanico cosa ti piace di più dell’andare per mare?

MZ – Sicuramente il navigare e tutta la parte strategica. Mi affascina veramente moltissimo, ad esempio, prevedere una strategia e una rotta in base alla situazione meteorologica. E poi chiaramente vedere posti nuovi, mari nuovi e conoscere gente.

LN – Sinceramente, cosa ne pensi della vela italiana?

MZ – Penso che ci sia ancora moltissimo da lavorare. Abbiamo del potenziale incredibile, che è la nostra Penisola, con condizioni perfette per fare vela. Quindi credo che ci siano tutte le carte in regola per crescere esponenzialmente in questo campo. Vi dico solo che in Francia invece di far la Settimana Bianca come fanno certe nostre scuole, fanno la Settimana Blu: dal centro della Francia sperduta portano i ragazzi in Bretagna per fargli provare ameno una volta l’esperienza della vela. Bisognerebbe partire dalle scuole, da quando sono bambini per farli appassionare, perché sennò poi non li prendi più e ritrovi solo armatori annoiati.

LN – Quindi una spinta “dall’alto” verso il mondo della vela, anche dal punto di vista istituzionale?

MZ – Sì, la vela secondo me andrebbe completamente rivista, proprio a livello di concezione. Già per una questione di comodità, non per dire ma l’idea di doversi mettere delle ridicole pantofole o togliersi le scarpe per salire a bordo a me sembra una cosa abbastanza italiana. Come se la barca fosse una moschea, un luogo sacro. La barca è una cosa viva, un animale con il quale bisogna parlare e non siamo ancora a questo livello in Italia. In Francia ho vissuto questo e sto cercando di riportarlo tutte le volte che mi chiedono di farlo. Bisognerebbe continuare a svecchiare un po’ la vela e dargli un’identità più giovane, smart, perché al momento è troppo elitaria. Continuando così, per quanto ci sia della crescita, non ce ne sarà mai abbastanza.

LN – Velista a 360 gradi che vive il mare a 360 gradi. Ma quando sei a terra cosa fai?

MZ – Quando sono a terra cosa faccio? Mi godo la terra, perché stare in mare ti insegna a vivere la terra in tutti i suoi aspetti. A partire dal lato goliardico fino a quello affettivo, con la mia famiglia, mia moglie e tutti quanti. Una volta che hai fatto questo, inizi a ripensare al mare e così via.

 

Gregorio Ferrari

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