
Inaugurato il Decennio del Mare 2021-2030 con l’evento “Verso la Generazione Oceano”
- 23 Ottobre 2020
Nuovo allarme inquinamento in mare, questa volta sono i tecnici di Greenpeace che stanno diffondendo la notizia. Le recenti ricerche hanno segnalato un netto aumento di materiali in plastica dispersi sui fondali marini.
L’incremento di questi materiali è evidente, basta analizzare qualche dato. Nel 2002 le tonnellate di plastica lasciate in mare sono state circa duecento, oggi sfiorano addirittura le trecento unità. Numeri emblematici che fanno riflettere.
Un aspetto spesso messo in secondo piano dell’inquinamento in mare è che alcune volte queste sostanze, parliamo delle microplastiche, possono venir mangiate dai pesci che poi in un secondo momento finiranno sulle nostre tavole.
Spesso la fauna marina scambia questi piccoli frammenti per cibo, oppure, questo accade ad esempio per cozze o vongole, la contaminazione può avvenire anche con il semplice contatto con l’acqua. Greenpeace ha trattato queste tematiche nel rapporto “La plastica nel piatto, dal pesce ai frutti di mare”.
Questi materiali si formano dalla degradazione di oggetti più grandi che si verifica a causa del vento o del moto ondoso. E’ possibile che queste sostanze si rivelino dannose per l’uomo? Gli studi sono ancora agli albori ed è difficile dirlo, di sicuro le probabilità aumentano in maniera netta per i molluschi che si contaminano molto più facilmente.
E’ stato chiesto di analizzare in maniera scrupolosa il pescato, così da limitare, almeno in parte, un tale rischio. A pensarci, però, è davvero beffardo che l’inquinamento in mare possa rivelarsi doppiamente dannoso per l’uomo: una sorta di rivalsa della Natura?
Paolo Bellosta