Le trivelle nel Canale di Sicilia: è il progetto del Governo per rilanciare il turismo nautico?

La regione Basilicata e il Canale di Sicilia stanno per diventare il teatro di un'intensissima attività estrattiva di idrocarburi voluta dallo Sblocca Italia. La comunità scientifica ha espresso un netto parere negativo per i rischi riguardanti la salute dei cittadini e quella dell'ambiente

23 February 2015 | di Redazione Daily Nautica

NoTrivell_GreenpeacePer fortuna in Italia esistono ancora giornalisti con la schiena dritta che sanno fare bene il proprio lavoro. L’inchiesta di Presa Diretta (riguardala a questo link) dedicata allo Sblocca Italia, provvedimento con il quale il governo si propone di dare un’accelerata alle opere pubbliche, accende definitivamente il riflettore sul tema delle trivellazioni nel nostro territorio per fini estrattivi, con particolare attenzione ai casi di Basilicata e Sicilia. Scriviamo quindi questo articolo perché pensiamo che il turismo, e quello nautico che ci riguarda in prima persona, insieme con la salvaguardia del nostro patrimonio ambientale, sia una delle carte vincenti del nostro paese e quindi vada promosso con progettualità e sguardo al futuro. Oltre a ciò non si può mettere in secondo piano il rischio, alto, per la salute dei cittadini.

 

I territori di Basilicata e Sicilia sono considerati dalle multinazionali del petrolio e dal Governo italiano un tesoro, data la ricchezza di idrocarburi nascosti nel sottosuolo: lo Sblocca Italia prevede di raddoppiare il volume delle estrazioni in entrambe le zone. In Basilicata l’attività di estrazione andrà a coprire quasi il 70% del territorio regionale a ridosso di zone abitate. Già con le attività in corso si segnalano gravi problemi all’ambiente e alla salute dei cittadini (bacini e falde acquifere inquinate dagli idrocarburi e alta incidenza tumorale nella popolazione).

 

In Sicilia il teatro delle nuove trivellazioni sarà il Canale di Sicilia, un tratto di mare che offre alcuni spettacolari scenari naturali come per esempio la straordinaria Scala dei Turchi che presto potrebbe diventare patrimonio dell’Unesco. Contro il provvedimento del Governo Renzi si è schierato gran parte del movimento scientifico italiano e 22 scienziati hanno scritto un appello al Governo per rivedere la politica energetica italiana. Da parte sua, il Presidente del Consiglio ha espresso chiaramente la sua posizione:

 

“È impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa, se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e in Basilicata. Io mi vergogno di andare a parlare delle interconnessioni tra Francia e Spagna, dell’accordo Gazprom o di South Stream, quando potrei raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas in Italia, e dare lavoro a 40 mila persone, e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini”

 

Comitatini li definisce. Il problema è che in questi “comitatini” ci sono anche ricercatori subacquei di fama internazionale come Domenico Macaluso, che ha sottolineato come le trivellazioni nel Canale di Sicilia siano estremamente pericolose per l’elevatissima attività vulcanica sottomarina e per la  presenza di enormi sacche di metano, definite “pockmarc”. La perforazione di queste sacche a opera delle trivelle potrebbe provocare effetti disastrosi come la tragedia avvenuta nel Golfo del Messico nel 2010, quando una piattaforma petrolifera esplose dopo avere intercettato una sacca di metano, provocando una fuoriuscita di petrolio tale che è stata considerata il più grande disastro ambientale di tutti i tempi. Sulla zona in esame, alla notizia dei contenuti dello Sblocca Italia, stanno piovendo richieste da parte delle compagnie petrolifere per effettuare nuove trivellazioni offshore: un numero così elevato da trasformare il Canale di Sicilia in un colo a brodo di trivellazioni con un rischio sempre crescente di possibili danni ambientali.

 

Non è compito di questa testata dare dei pareri scientifici su un’operazione di così alto interesse strategico per il nostro paese. A fronte di un parere così netto da parte del mondo scientifico italiano e non, sembra doveroso aprire una riflessione profonda e un differente approccio all’argomento da parte della politica, che non può liquidare come “comitatini” i pareri qualificati degli studiosi che conoscono a fondo la situazione di Basilicata e Sicilia. Aggiungiamo che a nostro avviso un Governo che nel 2015 rilancia in maniera pesante le attività estrattive di idrocarburi, non investendo in maniera altrettanto forte sulle energie rinnovabili, non è espressione di una politica che guarda al futuro con progettualità costruttiva. Basti pensare che la Germania ha promosso un piano che punta a ottenere nei prossimi anni quasi l’80% del fabbisogno nazionale di energia da fonti rinnovabili, l’opposto di quello che stiamo facendo in Italia.

 

Concludiamo con la nostra arma critica preferita, l’ironia: quella dei comici siciliani Salvo Ficarra e Valentino Picone, che hanno firmato questo appello video per Greenpeace Italia

 

 

Mauro Giuffrè

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4 commenti

  1. Iginio says:

    Non è più tollerabile la sistematica devastazione e sfruttamento del nostro territorio,si sforzassero di trovare soluzioni energetiche pulite a minor rischio ambientale per lasciar vivere la gente in luoghi più sani. Abbiamo già fatto enormi danni ormai irreparabili alla nostra terra,ora BASTA!

  2. Cobb says:

    Mi ritengo un ambientalista maturo, pratico e ideologico con misura. Perciò se certe posizioni mi suscitano spunti di seria riflessione, non posso certo sposarle acriticamente. L’opposizione che da sempre c’è in Italia alla creazione di siti estrattivi mi riporta alla mente l’opposizione che tuttora c’è al completamento dell’autostrada costiera Roma-Genova che, come si sa, si interrompe più o meno da Civitavecchia a Livorno, obbligando il trasporto a riprendere la pericolosa via Aurelia. Mi chiedo e pongo all’attenzione di chi legge: se l’ambiente è qualità della vita, la vita delle persone che si sottopongono ai pericoli di una strada notoriamente inadatta a smaltire un grande traffico veloce – l’Aurelia, appunto – forse non è degna di essere ricompresa tra i valori da salvaguardare? Ci preoccupiamo – giustamente – della salute del Canale di Sicilia e alziamo gli scudi: ma dov’è finita la lotta vera allo smog che attanaglia le nostre città?

  3. alessandra says:

    l’Italia, tutte le nazioni della Terra, tutti noi dobbiamo guardare al futuro , dobbiamo pensare in modo intelligente: non ci sono più soluzioni…ce n’è una sola e cioè l’energia sostenibile, quella rinnovabile, quella solare, eolica, geotermica, idrica.
    Basta petrolio e suoi derivati: hanno portato solo inquinamento, devastazione e guerre.
    Non solo non abbiamo il diritto di distruggere quanto la Natura ha fatto in miliardi di anni ma abbiamo il dovere di preservare e lasciare un mondo pulito alle generazioni future.

  4. alfio says:

    discariche no! Inceneritori no!rigasificatori no! Centrali elettriche no! Biomasse no! pozzi petroliferi no! no no no no in nome di un pseudo ambientalismo fallo ma non qui, il gas la corrente la benzina ecc. come intendiamo averli? dalla Libia o dalla Russia e i rifiuti che produciamo continuiamo a mandarli all’estero o a sotterrarli da qualche parte ? meditate gente

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