Paesaggi panteschi: alla scoperta dell’Isola di Pantelleria

Situata nel Canale di Sicilia, Pantelleria mescola armoniosamente elementi naturali e manufatti dell'uomo

17 July 2018 | di Paolo Ponga
Pantelleria - costa rocciosa 2
Pantelleria

Esiste un’isola nel Mediterraneo posta a metà strada tra mondi diversi. Un’isola in cui predominano i colori forti: il nero della roccia vulcanica, il verde della macchia e dei vigneti, l’azzurro del cielo, il blu del mare e il giallo del sole. Solo colori pastello a dipingerne le forme. E la gente che vi abita è fatta allo stesso modo: un po’ ruvida in superficie ma all’interno dolce, operosa e orgogliosa della propria unicità. E’ l’Isola di Pantelleria.

Situata in mezzo al Canale di Sicilia, a 110 km di distanza dalla regione italiana e a soli 70 km dalla costa della Tunisia, i suoi elementi naturali di origine vulcanica (i faraglioni, le colate laviche e le calette) si mescolano armoniosamente ai manufatti dell’uomo: i dammusi, le famose abitazioni fatte con muri a secco e tetti bianchi a cupola, freschissime d’estate, i giardini panteschi, strutture cilindriche a protezione degli agrumi e soprattutto un’infinità dei muri a secco che hanno la funzione di spietrare il fondo, contenere il terreno, delimitare le proprietà e proteggere le coltivazioni dal vento.

Alla splendida macchia mediterranea, ancora presente in alcune zone, l’uomo ha aggiunto le coltivazioni del cappero IGP, dell’ulivo, degli agrumi, delle lenticchie e in particolare della vite, rendendo famosi lo Zibibbo e i vini dolci come il Moscato e il Passito di Pantelleria. Visitando l’isola non si può non rimanere stupiti alla vista delle minuscole viti ad alberello, sempre protette dai muri a secco, dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 2014.

Abitata fin da tempi antichissimi, tanto che nel Neolitico era famosa la sua ossidiana di origine vulcanica, durante l’Età del Bronzo ebbe contatti con tutto il Mediterraneo. A seguito della fondazione di Cossyra da parte dei fenici, entrò nell’orbita cartaginese e fu teatro di scontri durante le Guerre Puniche fino alla definitiva conquista romana nel 217 a.C. Nel 540 d.C. venne invasa da Belisario e rimase sotto il dominio bizantino fino all’occupazione araba nell’845.

Gli arabi diedero grande sviluppo all’economia e alla vita dell’isola, conferendole l’impronta attuale sia dal punto di vista paesaggistico (con i dammusi, i muri a secco e le coltivazioni) sia dal punto di vista culturale (nel dialetto e nei toponimi). Conquistata dai Normanni nel 1123 e poi dagli Aragonesi nel 1311, venne ripetutamente saccheggiata nei secoli successivi dai pirati barbareschi. Trasformata dai Borboni in colonia penale, mantenne questa funzione durante tutto il Regno d’Italia e fino alla fine del fascismo: una storia decisamente tormentata.

L’isola conta attualmente circa 7.500 abitanti, dediti soprattutto al turismo e alle attività legate alla terra. Oltre al vino, è impossibile non assaggiare alcuni piatti locali come il cous cous di pesce fresco, il pesto alla pantese (costituito da olive, tonno e capperi) e il bacio pantesco, una frittella rotonda ripiena di ricotta e scaglie di cioccolato.

Una volta giunti a Pantelleria, col traghetto oppure con i comodi voli diretti estivi provenienti dalle principali città italiane, è d’obbligo noleggiare un’auto per poter godere appieno dei suoi incredibili paesaggi e delle bellezze naturali che offre ai turisti. La più famosa è indubbiamente il Lago di Venere, uno specchio d’acqua verde e blu a forma di cuore, riscaldato dalle pozze d’acqua sorgiva dovute al vulcanesimo sotterraneo e i cui fanghi hanno proprietà curative per la pelle.

Un’altra località assai celebre è la spiaggia rocciosa da cui ammirare l’Arco dell’Elefante, un singolare faraglione di roccia naturale che si getta nel mare, la cui forma ricorda proprio l’animale con la sua proboscide. Numerose le grotte termali, i paesaggi aspri, le calette di roccia che si aprono davanti a un mare blu notte. È un’isola da visitare per la sua dura bellezza, per ricaricarsi grazie all’energia della roccia vulcanica, per godere delle immagini e dei sapori forti che regala: non è l’isola dalle spiagge caraibiche sulle quali riposare.

Eppure è facile percepire come la sua gente sia maggiormente attaccata alla terra e ad essa si rivolga per lavorare. Pantelleria, infatti, non è un’isola di pescatori, malgrado la sua posizione in mezzo al mare e nonostante i progenitori dei suoi abitanti siano stati grandi navigatori nell’antichità. Inoltre, se si ha la fortuna di essere subacquei, è possibile fare un’immersione nella storia a Cala Gadir, antico scalo protetto da tutti i venti eccetto il levante.

Nella zona, tra il III° secolo a.C. e il II° secolo d.C., hanno transitato numerose imbarcazioni di origini e culture differenti, alcune delle quali hanno fatto naufragio. È quindi possibile immergersi alla scoperta di ceramica varia, ancore e soprattutto anfore di tipo greco-italico appartenenti alla Magna Grecia, alla nordafricana Cartagine e alla Repubblica e all’Impero di Roma), attraverso un suggestivo itinerario archeologico subacqueo.

Ottime anche le immersioni naturalistiche a Cala Levante e soprattutto a Punta Spadillo, dove è possibile ammirare gorgonie rosse (oltre i 35 metri di profondità), saraghi, cernie, corvine, pesci pappagallo, murene e le inevitabili castagnole. Il pesce, però, non è mai particolarmente numeroso e appare intimorito dalla presenza umana, anche a causa della pesca intensiva praticata dai pescatori di Mazara del Vallo. Tuttavia la grande visibilità e la splendida posidonia presente fanno da cornice ad ogni immersione, rendendo l’esperienza sempre piacevole.

Pantelleria, isola ruvida e selvaggia, come tutte le cose che offrono emozioni, rimane per sempre nel cuore di chi la visita.

 

Paolo Ponga

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