Cinque motivi per visitare le isole Maldive

Come accade per il mal d'Africa, si può essere contagiati anche dal "mal delle Maldive". Ma quali sono i motivi? Scopriamoli insieme

25 October 2018 | di Paolo Ponga

Sono un subacqueo da molti anni e da sempre adoro viaggiare. Tutti i luoghi comuni sui viaggi fanno per me e se tornassi indietro vivrei viaggiando… e non è detto che non inizi ora. Passerei ore ad ascoltare i racconti di viaggiatori incalliti e adoro la letteratura di viaggio ma difficilmente tornerei in un luogo già visto, a meno di farlo in maniera differente (sopra e sotto l’acqua ad esempio), oppure dopo tanti anni, così da non avere fisse nella memoria le immagini del viaggio precedente.

Fino a pochi anni fa, non ero mai stato alle Maldive. Mi ero fatto l’idea di un posto sicuramente bellissimo in cui fare magnifiche immersioni ma mi chiedevo: a parte questo, cosa rimane da fare? Sarà di certo una noia mortale. Per questo motivo ho sempre ripiegato verso altre mete. La scelta era infatti tra viaggi di “scoperta” e viaggi subacquei ma in luoghi in cui non c’era soltanto il mare.

Poi, qualche anno fa, io e mia moglie abbiamo passato un Capodanno a Berenice, località situata a sud del Mar Rosso egiziano, ai confini con il Sudan. Qui, come sempre, abbiamo fatto anche delle escursioni terrestri. Indimenticabile, in particolare, quella ad Al-Shalatyn, il più grande mercato di cammelli dell’Africa, in un territorio fantasma presente tra le due nazioni.

Proprio a Berenice abbiamo conosciuto due subacquei e le rispettive mogli. Entrambi sommozzatori di lago di grande esperienza, abbiamo subito fatto amicizia e, come accade sempre in questi casi, abbiamo trascorso alcune serate a raccontarci le reciproche avventure subacquee. “Viaggiamo insieme da molti anni”, mi dissero. “Le vacanze più belle?”, domandai. “Ah, senza dubbio le Maldive. Quante volte ci siamo stati? Dieci”, risposero. Dieci volte alle Maldive tra soggiorni e crociere? Questi sono pazzi, pensai.

L’anno successivo ho trovato un’offerta interessante su un resort nell’arcipelago, una sistemazione semplice ad un ottimo prezzo e ho prenotato. Due anni dopo, a seguito di un viaggio molto importante, abbiamo deciso di restare a casa per le ferie d’agosto ma, manco a dirlo, su internet ho scoperto il mondo delle isole di pescatori con le loro guest house trovando un volo in offerta con la nuova Aeroflot, a cui era impossibile rinunciare. Quest’anno infine, proprio quando avevamo deciso di stare tranquilli, mia moglie mi ha chiesto: “Amore, quando mi porti alle Maldive?”.

Così, come accade per il mal d’Africa, anche noi siamo stati contagiati dal “mal delle Maldive“. In effetti, ci sono cose peggiori. Ma qual è il motivo? Cosa rende queste isole così differenti dalle altre? Perché persino chi non fa immersioni può subire questo sortilegio? Il motivo principale è ovviamente il mare, anche se non è l’unico. Proviamo a scoprirli insieme.

Il mare

Arriviamo sull’isola di pescatori stanchi a causa del lungo viaggio, scarichiamo i bagagli nella nostra guest house carina ma non eccezionale e ci dirigiamo ciondolanti verso la “Bikini Beach“, la spiaggia destinata ai turisti occidentali che prendono il sole in costume. Giunti in spiaggia, il mondo vero scompare. La sabbia è fresca, essendo di origine corallina e, sebbene ci siano circa 31°C, la brezza del mare mitiga la calura rendendo il luogo un vero paradiso. Le piante alle nostre spalle nascondono le semplici case dei pescatori, donandoci la sensazione di essere su un’isola deserta. Non si sente alcun rumore. Ci siamo soltanto noi due e i paguri che camminano sulla sabbia, presto cacciati da mia moglie che si diverte sempre a giocare con quei simpatici animaletti.

Io prendo maschera e pinne e, nuotando in un’acqua limpidissima a 30°C, in un attimo arrivo a una trentina di metri dal reef. È uno spettacolo incredibile, un gigantesco condominio di coralli di forme diverse dove vivono comunità differenti di pesci di barriera. Dopo qualche minuto, un barracuda affiora a pelo d’acqua. Sotto di lui, fanno capolino due grossi jackfish e alla mia sinistra una coppia di cernie passa a mezzo metro di distanza, per nulla disturbate dalla mia presenza. Improvvisamente mi arrivano alle spalle due squali pinna bianca (abituali frequentatori delle barriere in salute) che mi superano a breve distanza. Mi sfrego letteralmente le mani… sarà un’ottima vacanza.

Torno a riva e mia moglie mi chiama per mostrarmi una cosa strana dall’altra parte della spiaggia: una brutta macchia nera che sta sporcando il mare. Petrolio? Spero proprio di no. Ci avviciniamo e notiamo che la macchia si stringe e si allarga, si allunga e si accorcia a pochi metri dalla riva e in 40 cm d’acqua. Guardiamo con maggiore attenzione e rimaniamo a bocca aperta per lo stupore: è un branco di sardine che tre cuccioli di squalo pinna nera e una murena tengono compatto per poi buttarcisi in mezzo a turno per nutrirsi. Ci è tornato il sorriso.

Il cibo

Torniamo nel nostro piccolo hotel, facciamo una doccia e poi, affamatissimi, andiamo a mangiare. La sala ristorante è un cortile con palme e il pavimento di sabbia, illuminato da lampade che non attraggono le zanzare perché non ci sono. Il cameriere posa sul tavolo enormi piatti con riso, pollo e verdure, mentre sulla griglia accesa con i gusci di cocco cuociono i pesci pescati la notte precedente. Al posto del pane, una specie di piadina maldiviana, molto buona e fatta in casa. La frutta è fantastica ma purtroppo niente vino (la religione non lo consente).

La gente

Per la gente del posto siamo come degli extraterrestri. Le comunità delle isole hanno avuto il permesso di costruire piccoli alberghi solo a partire dal 2010, quando è stato deciso di dare l’autorizzazione a chi l’avesse chiesta. Prima gli abitanti avevano soltanto tre scelte di vita: andare a pescare, cercare fortuna a Malé, oppure tentare di farsi assumere dai resort stranieri (che comunque tendono a prediligere pakistani e gente del Bangladesh perché non si lamentano mai, neanche della paga da fame).

Attualmente su quest’isola ci sono cinque guest houses, un diving center e sicuramente apriranno a breve un bar e un ristorante, tutti di proprietà e gestiti dai locali. È normale quindi che quando arrivi ti guardino in modo strano: per secoli questi luoghi sono rimasti isolati dal resto del mondo. La cosa bella però è che, dopo una decina di giorni, tutti ti salutano come se ti conoscessero e questo perché ormai fai parte della comunità.

“Qua ti conoscono tutti perché, quando vai a fare immersioni, chiacchieri con i ragazzi come se fossi uno di loro. Non sei uno che se la tira”, mi dicono e per me è un enorme soddisfazione. Così come vedere che alle persone del luogo piace davvero parlare con noi o invitarci nelle loro case (dove veniamo trattati come ospiti di riguardo). Un giorno la custodia della mia macchina fotografica si bagna e un ragazzo della guest house mi presta la sua. Si bagna anche quella. È destino. Per ripagarlo ne ordino una negli Stati Uniti (che arriverà dopo il mio ritorno a casa) ma il ragazzo è sereno perché è onesto e pensa che anche tutti gli altri lo siano.

I tramonti

Unici e indescrivibili. La macchina fotografica non rende giustizia alla realtà, non riesce a catturare tutte le sfumature di colore. Vedi tutti i turisti, e qualche volta persino i maldiviani, fermi sulla riva del mare per godere di questo spettacolo meraviglioso, con colori ogni giorno diversi. Scommetto che non avete mai visto dei tramonti così.

La pace

La pace e la serenità che queste isole trasmettono è incredibile. Passi le giornate vivendo di cose semplici ma pur sempre emozionanti: senti battere forte il cuore perché stai nuotando con le mante, oppure perché un gruppo di aquile di mare fa capolino dall’acqua, ti passa vicinissimo e una di loro torna indietro per osservarti meglio. O infine perché uno squalo adulto ti passa accanto e, sebbene ti faccia sentire indifeso, percepisci che non ti farà del male perché non rientri nella sua dieta. Alterni quindi relax ed emozioni, godendo immensamente della natura che ti circonda. Quanto durerà tutto questo?

L’arcipelago è sicuramente cambiato molto in questi ultimi anni ma il lato positivo è che, pur non avendo ancora sviluppato un proprio sentimento ambientalista, i maldiviani capiscono che i turisti ce l’hanno, almeno quando vengono in questo paradiso. Per questa ragione stanno iniziando a tenere pulite le isole e ad eliminare la spazzatura. Abituati da sempre a trasformare e utilizzare cose naturali, e quindi biodegradabili, negli ultimi anni gettavano anche i residui della civiltà in giro per le isole, creando delle vere e proprie discariche a cielo aperto. Ora le cose stanno cambiando.

Per loro si tratta di passare improvvisamente da una specie di Medioevo all’età contemporanea: non è una cosa semplice e richiede un grande sforzo. Ad esempio, come eliminare la plastica? Attualmente finisce su un’isola-spazzatura dalle parti della capitale ma il problema non può essere risolto in questo modo. Per la pesca intensiva, invece, il pericolo non viene dai pescatori maldiviani, raramente attrezzati con imbarcazioni e reti moderne, ma dai cinesi, che arrivano fin qui alla ricerca di un ricco bottino. Se riusciremo però a preservare l’arcipelago delle Maldive, daremo anche ai nostri figli la possibilità di godere delle stesse emozioni immersi in una natura spettacolare.

Paolo Ponga

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